Chi conosce Roma sa bene che il Maxxi e l’Auditorium Parco della Musica, oltre ad essere tra i pochi luoghi del contemporaneo della capitale, sono divisi da poche centinaia di metri. Una distanza minima che separa due mostre, due mondi direi agli antipodi. Luigi Ghirri al MAXXI e i fotografi di LIFE all’Auditorium. Per niente spaventato da questo contrasto visivo, decido di visitare in un solo pomeriggio le due esposizioni Prima tappa Luigi Ghirri “Pensare per immagini” . Le fotografie di Luigi Ghirri riescono come poche, a trascinarmi in una poetica della visione, in un silenzio contemplativo totale. Il luogo della mostra non ha bisogno di commenti ed è una degna cornice per questo autore ormai accettato a pieno diritto nell’arte contemporanea. Le 300 opere di piccole dimensioni, specie se raffrontate al gigantismo, a volte ostentato, delle opere fotografiche dei nostri giorni, si trovano al secondo piano dell’edificio progettato dall’iraniana Zaha Hadid. Subito ci si trova immersi in un mondo fatto di piccole cose: oggetti, paesaggi, riproduzioni, architetture. Alle immagini di Ghirri occorre avvicinarsi, ascoltarle, sentire la loro suggestione. Una dimensione intima, una fruizione silenziosa. I colori retrò delle stampe vintage sono un salto nel tempo, ai ricordi resi sempre più gradevoli dalla preziosa patina del rimpianto. Siamo lontani anni luce dalla bulimia fotografica di internet e dei social network. Icone, paesaggi, architetture sono le tre sezioni in cui è divisa l’esposizione. Il filo comune che lega tutte le immagini è la sottrazione, la semplificazione. Quella del fotografo di Scandiano è una continua diminuzione, l’addizione non è presente nelle sue formule, non è presente nelle sue opere. Un continuo tentativo di avvicinarsi ad un “grado zero” dell’immagine, ad una forma comunicativa il più possibile semplice. In alcune bacheche sono esposti i libri fotografici realizzati nel corso degli anni. La forma del libro è sempre stata congeniale a questo autore. Nella sua vita Ghirri è stato anche editore e curatore. Una vita spesa ad indicare con passione e coerenza il suo credo fotografico fatto di soggetti prossimi al nostro campo visivo abituale, le cose di tutti i giorni che scompaiono ai nostri occhi traditi dalla superficialità e dal non saper vedere il bello del banale. Mi avvicino all’uscita della mostra sapendo di lasciare qualcosa di prezioso. Esco dalla quiete ovattata delle sale del MAXXI e sono nella luce accecante di una Roma più che mai caotica. (continua)
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