lunedì 18 gennaio 2016

Artisti fotografi e fotografi artisti - Duane Michals



A partire dagli anni sessanta del novecento diviene centrale la dimensione mentale dell’opera d’arte. Si assiste alla scomparsa dell’oggetto fisico dalla rappresentazione, riprendendo il processo di autonomizzazione dell’arte già avviato dalle avanguardie dei primi del novecento. Il concetto, il significato segnano la loro superiorità nei confronti del significante, dell’oggetto rappresentato.


Duane Michals scatta le sue prime fotografie nel 1958 durante un viaggio a Mosca. Negli anni successivi collabora con riviste di moda e di attualità, affiancando alla sua attività professionale quella di ricerca personale e individuazione di nuove modalità espressive. Non crede nella possibilità della fotografia di rappresentare la realtà e la utilizza per visualizzare il suo universo inconcreto ed esistenziale, fatto di sogni, fantasie e desideri. All’inizio degli anni sessanta realizza una serie di ritratti di René Magritte, con i quali riesce a cogliere l’essenza del mondo rappresentato dall’artista surrealista.

La singola immagine diviene, per il fotografo statunitense, uno spazio angusto per delineare idee e concetti assolutamente personali. Inizia così ad utilizzare le sequenze, vere e proprie storie fotografiche composte da tre fino a quindici foto.

“Non ero soddisfatto del fotogramma, perché non potevo mai deviarlo verso un messaggio più ampio. In una sequenza la somma delle immagini fa capire quello che una singola fotografia non è in grado di esprimere”

Le sequenze di Michals non sono racconti compiuti ma eventi misteriosi che stimolano l’osservatore ad ipotizzare risposte, a cercare di completare la rappresentazione trovandone il significato. Una lettura in progressione con la quale l’autore aggira i vincoli temporali in cui è costretto il fotogramma.


Il sistema visivo utilizzato da questo fotografo-artista appare in tutta la sua complessità nelle serie “The fallen angel”, “The human condition” e “The old man kills the minotaur”, per arrivare fino agli estremi di un’opera senza fotografia “A Failed Attempt to Photograph Reality”. Dal 1967 Duane Michals inizia a inserire nelle sue fotografie titoli e testi sempre più dettagliati. Paradossalmente per un fotografo, così facendo, dichiara il fallimento della fotografia e nello stesso tempo l’inadeguatezza della scrittura e della pittura: non esiste quindi per Michals un mezzo espressivo autosufficiente per comunicare.

Il sistema visivo utilizzato da questo fotografo-artista appare in tutta la sua complessità nelle serie “The fallen angel”, “The human condition” e “The old man kills the minotaur”, per arrivare fino agli estremi di un’opera senza fotografia “A Failed Attempt to Photograph Reality”.