Pochi passi e dal mondo intimo di Ghirri, mi ritrovo in quello dei fotografi della rivista Life. “Vedere la vita, vedere il mondo”, questa era la missione dei reporter di questa storica testata. Lo stacco è notevole, forse lo avevo sottovalutato. Ci vuole qualche minuto per poter inquadrare il lavoro di questi fotografi che hanno narrato la grande storia. Occorre lasciarsi alle spalle il silenzio delle immagini di Ghirri per riuscire a vedere nel giusto modo queste fotografie. Qui l’immagine è fatta, per una grossa percentuale, dal soggetto. L’autore è un semplice testimone. E’ il reportage come si interpretava in quegli anni, molto prima della rete e dei social network. Grande professionalità e immagini funzionali alla missione della rivista. Foto particolarmente efficicaci quando documentano l’orrore della guerra e dei campi di concentramento nazisti. Emblematiche, come quelle dei marines che innalzano la bandiera americana di Joe Rosenthal o evocative come quelle del D-Day ad Omaha Beach, realizzate da Capa. Nella mostra trovano spazio naturalmente anche temi meno drammatici come la moda e l’attualità. Le foto della mostra sono tutte rigorosamente in bianco e nero. Uno sguardo occidentale sul mondo e sui suoi protagonisti. Anche i soggetti comuni appaiono ritratti in modo didascalico, in ossequio allo stile documentaristico. Esco dalla mostra e torno rapidamente al parcheggio dove avevo lasciato la macchina. Sul sedile il catalogo della mostra di Luigi Ghirri che avevo acquistato in precedenza. Lo sfoglio emozionato prima di mettere in moto. Forse ho sbagliato a vedere queste due mostre nello stesso giorno.
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