Nell’agosto del 1969, Iain Macmillan ebbe a disposizione
solo una manciata di minuti per realizzare le fotografie vendute qualche
settimana fa dalla casa d’aste londinese Bloomsbury per 180 mila sterline,
quasi 230 mila euro. Sono forse le foto più famose della storia del rock,
quelle della celebre copertina dell’album Abbey
Road dei Beatles. Una vera e propria icona imitata numerose volte, una strada
divenuta luogo di pellegrinaggio da parte dei fan dello storico gruppo di
Liverpool. Un valore quello attribuito alle sei immagini aggiudicate, legato al
mito dei Beatles più che a criteri estetici o artistici, determinato dal soggetto e non dall’autore.
Un collezionismo “al contrario” nel quale sembra scomparire l’impronta del
rappresentante, oscurata da quella del rappresentato. In verità la fotografia è
stata minuziosamente progettata a tavolino, con tanto di layout. Non da
Macmillan ma da Paul McCartney.
Se facciamo riferimento alla celebre frase di
Wim Wenders “Se una macchina fotografica
riprende in ambedue le direzioni, in avanti e indietro, fondendo le due
immagini tra loro in modo che il dietro si risolva nel davanti, allora essa
permette al fotografo già nell'istante della ripresa di essere davanti, dentro
alle cose, e non separato da loro.”, allora colui che si trova dietro l’obiettivo
e viene proiettato davanti, non è Macmillan ma Paul McCartney stesso, ossia uno
dei soggetti della foto, nella veste di rappresentato e rappresentante.
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