“Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. Così Nanni Moretti si interrogava nel film Ecce Bombo. Di certo l’assenza dell’uomo dalle immagini di Candida Höfer non passa inosservata. Sono luoghi, quelli rappresentati dall’artista tedesca, in genere brulicanti di persone. Fa effetto vederli, nelle foto di grandi dimensioni, nella loro solitudine. Ci possiamo così concentrare sulla loro oggettività, sui dettagli. Seguire le forme e le linee racchiuse nello spazio dell’inquadratura scelto dalla fotografa. Candida Höfer esplora così la bellezza di questi luoghi spesso austeri, resi ancora più monumentali dalla scelta della prospettiva, del punto di vista. Cresciuta nella ormai storica Scuola di Düsseldorf, insieme a Struth, Gursky e Ruff, ha quotazioni di mercato, in un certo senso, ancora accessibili. Con circa 50/60 mila euro è possibile acquistare le opere della sua serie dedicata ai tesori architettonici del nord Italia. I prezzi delle sue fotografie, negli ultimi anni, hanno avuto una crescita costante. Quasi un bene rifugio, per chi guarda all’arte come ad un semplice investimento finanziario. Sicuramente meglio di un titolo di stato.
venerdì 24 maggio 2013
I grandi vuoti di Candida Höfer
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giovedì 16 maggio 2013
Un pomeriggio particolare - Ghirri e Life (seconda parte)
Pochi passi e dal mondo intimo di Ghirri, mi ritrovo in quello dei fotografi della rivista Life. “Vedere la vita, vedere il mondo”, questa era la missione dei reporter di questa storica testata. Lo stacco è notevole, forse lo avevo sottovalutato. Ci vuole qualche minuto per poter inquadrare il lavoro di questi fotografi che hanno narrato la grande storia. Occorre lasciarsi alle spalle il silenzio delle immagini di Ghirri per riuscire a vedere nel giusto modo queste fotografie. Qui l’immagine è fatta, per una grossa percentuale, dal soggetto. L’autore è un semplice testimone. E’ il reportage come si interpretava in quegli anni, molto prima della rete e dei social network. Grande professionalità e immagini funzionali alla missione della rivista. Foto particolarmente efficicaci quando documentano l’orrore della guerra e dei campi di concentramento nazisti. Emblematiche, come quelle dei marines che innalzano la bandiera americana di Joe Rosenthal o evocative come quelle del D-Day ad Omaha Beach, realizzate da Capa. Nella mostra trovano spazio naturalmente anche temi meno drammatici come la moda e l’attualità. Le foto della mostra sono tutte rigorosamente in bianco e nero. Uno sguardo occidentale sul mondo e sui suoi protagonisti. Anche i soggetti comuni appaiono ritratti in modo didascalico, in ossequio allo stile documentaristico. Esco dalla mostra e torno rapidamente al parcheggio dove avevo lasciato la macchina. Sul sedile il catalogo della mostra di Luigi Ghirri che avevo acquistato in precedenza. Lo sfoglio emozionato prima di mettere in moto. Forse ho sbagliato a vedere queste due mostre nello stesso giorno.
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martedì 7 maggio 2013
Un pomeriggio particolare - Ghirri e Life (prima parte)
Chi conosce Roma sa bene che il Maxxi e l’Auditorium Parco della Musica, oltre ad essere tra i pochi luoghi del contemporaneo della capitale, sono divisi da poche centinaia di metri. Una distanza minima che separa due mostre, due mondi direi agli antipodi. Luigi Ghirri al MAXXI e i fotografi di LIFE all’Auditorium. Per niente spaventato da questo contrasto visivo, decido di visitare in un solo pomeriggio le due esposizioni Prima tappa Luigi Ghirri “Pensare per immagini” . Le fotografie di Luigi Ghirri riescono come poche, a trascinarmi in una poetica della visione, in un silenzio contemplativo totale. Il luogo della mostra non ha bisogno di commenti ed è una degna cornice per questo autore ormai accettato a pieno diritto nell’arte contemporanea. Le 300 opere di piccole dimensioni, specie se raffrontate al gigantismo, a volte ostentato, delle opere fotografiche dei nostri giorni, si trovano al secondo piano dell’edificio progettato dall’iraniana Zaha Hadid. Subito ci si trova immersi in un mondo fatto di piccole cose: oggetti, paesaggi, riproduzioni, architetture. Alle immagini di Ghirri occorre avvicinarsi, ascoltarle, sentire la loro suggestione. Una dimensione intima, una fruizione silenziosa. I colori retrò delle stampe vintage sono un salto nel tempo, ai ricordi resi sempre più gradevoli dalla preziosa patina del rimpianto. Siamo lontani anni luce dalla bulimia fotografica di internet e dei social network. Icone, paesaggi, architetture sono le tre sezioni in cui è divisa l’esposizione. Il filo comune che lega tutte le immagini è la sottrazione, la semplificazione. Quella del fotografo di Scandiano è una continua diminuzione, l’addizione non è presente nelle sue formule, non è presente nelle sue opere. Un continuo tentativo di avvicinarsi ad un “grado zero” dell’immagine, ad una forma comunicativa il più possibile semplice. In alcune bacheche sono esposti i libri fotografici realizzati nel corso degli anni. La forma del libro è sempre stata congeniale a questo autore. Nella sua vita Ghirri è stato anche editore e curatore. Una vita spesa ad indicare con passione e coerenza il suo credo fotografico fatto di soggetti prossimi al nostro campo visivo abituale, le cose di tutti i giorni che scompaiono ai nostri occhi traditi dalla superficialità e dal non saper vedere il bello del banale. Mi avvicino all’uscita della mostra sapendo di lasciare qualcosa di prezioso. Esco dalla quiete ovattata delle sale del MAXXI e sono nella luce accecante di una Roma più che mai caotica. (continua)
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