Trovare
nuove strade espressive e allontanarsi dalla visione comune è un esercizio
assai arduo e ovviamente non alla portata di tutti. Guardando, però, i lavori
di fotografi della “middle class”, ovvero
lontani dall’olimpo degli artisti affermati, ma comunque in grado di produrre
ed esporre immagini valide e coerenti, sembra di trovarsi di fronte ad un immenso
déjà-vu.
Inquadrature rigidamente oggettive e ben allineate, come la scuola di Düsseldorf
ci ha insegnato negli ultimi anni, colori desaturi e case, paesaggi,
architetture immersi in un chiarore stereotipato. Un cliché che si ripete nelle
foto appese in gallerie di medio e basso cabotaggio e sui social network,
alimentato da “preset” e ”azioni” già pronte per l’uso. Un semplice click nel
programma di post produzione, qualche curva o livello da impostare in pochi
minuti.
Bandite da questa candida visione le ombre, il fuoco selettivo e il mosso
appaiono argomenti desueti per il fotografo contemporaneo. Le mode fotografiche
ci sono sempre state e l’immenso palcoscenico della rete contribuisce
all’appiattimento e all’affermazione di un certo tipo di immagine. Un’immagine
che in ogni caso sembra in grado di donare autorialità al povero fotografo senza
grande ispirazione. “Continuiamo così,
facciamoci del male”, affermava Nanni
Moretti in un suo indimenticabile film.
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