A giudicare dai risultati delle principali aste di fine
anno, la fotografia continua a riscuotere un crescente interesse da parte del
collezionismo internazionale, quello per intenderci capace di spendere cifre da
capogiro per aggiudicarsi un’opera d’arte contemporanea da appendere in un
lussuoso appartamento di New York, Mosca o meglio ancora Hong Kong. Tra
novembre e dicembre dello scorso anno, Sotheby’s, Christie’s e Phillips hanno
messo a segno alcune vendite di tutto rispetto. Oltre all’immancabile Cindy
Sherman, che con una serie di ventuno stampe di piccolo formato ha oltrepassato
i 5 milioni di euro, sono stati soprattutto gli autori storicizzati a farla da
padrone. Eugène Atget, Tina Modotti, August Sander e Julia Margaret Cameron
hanno visto superare i loro precedenti record d’asta. In particolare “Handlanger”, una stampa ai Sali
d’argento di 21x14,8 cm del 1927 di August Sander è stata battuta da Sotheby’s per poco più di 600 mila euro. Sembra quindi
che il mercato si stia indirizzando verso i grandi maestri della fotografia, le
cui opere sono più legate al contesto storico e alla capacità di narrare il
tempo nel quale hanno vissuto e di cui sono stati testimoni. Una scelta
influenzata anche dal fattore rarità, una caratteristica fondamentale per
qualsiasi forma di collezionismo. In quest’ottica la stampa vintage diviene un
vero e proprio moltiplicatore di valore.
venerdì 20 marzo 2015
Vintage è meglio
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lunedì 2 marzo 2015
La fotografia è morta
Sono piuttosto stufo delle solite dispute tra i fautori della post produzione e coloro che si schierano come paladini della assoluta fedeltà al reale. Tralasciando il fatto che ogni fotografia è solo una possibile rappresentazione della realtà e che i trucchi fotografici esistono da molto tempo prima di photoshop, quello che vorrei puntualizzare è che con il digitale non ha più senso parlare di fotografia come lo si era fatto in precedenza con la ripresa fotografica analogica. Dal punto di vista fisico, è analogico qualsiasi procedimento in grado di rappresentare in modo continuo un fenomeno. La fotografia digitale ha prodotto un cambio di paradigma nella rappresentazione del mondo. Il digitale si contrappone all’analogico, dalla rappresentazione continua a quella discreta. Si assiste ad una trascodifica, ad opera dei sensori delle nostre apparecchiature fotografiche. La luce viene riprodotta, campionata, per mezzo di una serie di numeri binari, ognuno dei quali potenzialmente modificabile. La ripresa del nostro mondo come bozza di una sceneggiatura, il punto di partenza per milioni di possibili attualizzazioni. La rappresentazione del mondo che ci circonda diviene una libera interpretazione, un canovaccio teatrale da variare a seconda delle esigenze. Per questo motivo credo non abbia più senso parlare di fotografia, dovremmo semplicemente abituarci ad essere creatori di immagini più o meno fedeli all’originale. In fondo non vi è molta differenza tra una ripresa fotografica, un rendering o una illustrazione realizzata al computer. Si tratta in tutti i casi di pixel, una sequenza di numeri binari capace di restituirci un’immagine più o meno gradevole. La fotografia è morta, viva l’immagine digitale.
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