martedì 8 marzo 2016

Dadaismo e fotografia

Nasceva a Zurigo, cento anni fa’, uno dei movimenti più innovativi e originali della storia dell’arte: il dadaismo. Nel pieno del primo conflitto mondiale, nel leggendario Cabaret Voltaire, Tristan Tzara fondava una delle avanguardie più innovative del  primo novecento. Quella che probabilmente più di ogni altra utilizzò il mezzo fotografico per interpretare la vita. E se la vita per Tzara poteva sostituire l’arte, allora la fotografia era espressione artistica allo stato puro, forse lo strumento più adatto all’estetica dadaista.

John Heartfield, Raul Hausmann e Hannah Hoch sono alcuni degli artisti, che  all’interno del dadaismo hanno utilizzato le tecniche del fotomontaggio e del collage. Spesso al servizio della satira politica, i fotomontaggi di Heartfield accostavano immagini molto diverse, incuranti della prospettiva o del rispetto delle proporzioni. Di se stesso affermava: “il pittore dipinge con i colori, io dipingo con le fotografie”. Fu uno degli artisti più politicizzati del movimento. Le sue opere, trovavano nei giornali dell’epoca, più che nei circuiti artistici, la loro naturale destinazione. Frammenti prelevati dalla stampa ritornavano così alla loro origine dopo un processo di risignificazione. 

Diverso l’approccio di Hannah Hoch che integrava i fotomontaggi con interventi di pittura e inserimento di altri materiali. Un’interprete raffinata del movimento, tra le prime ad intuire le potenzialità evocative di questo mezzo espressivo. Grazie al suo lavoro in una casa editrice, reperiva con grande facilità le immagini da quotidiani, riviste popolari e di moda. Con le sue opere dai toni più intimi e delicati, paragonati a quelle di Heartfield e Hausmann, affrontava temi anche lontani dalla poetica del movimento, come la condizione della donna nella Germania dell’epoca.


Con la sperimentazione, il collage e il fotomontaggio il dadaismo contribuì a rivoluzionare il concetto stesso di arte che arriverà alle estreme conseguenze con il concettualismo degli anni sessanta e settanta. Un contributo fondamentale al cammino della fotografia e alla sua legittimazione nell’arte contemporanea.